LE PROSSIME “VALLETTE” DI AMADEUS: SEMPLICI DONNE ANONIME?
Questa piccola rivoluzione sarebbe stata pensata da menti raffinate, che di meccanismi psicologici ne capiscono e anche tanto. Con tale operazione infatti sullo sfondo si affaccia l’illusione collettiva che sia facile potercela fare da persona “comune” pur provenendo dal popolo. Ma tranquilli, perché questo non accadrà mai: gli italiani non sono ancora pronti per applaudire questi improbabili piccoli miracoli terreni. “Dove è il merito di essere lì? Cosa hai più di me?” Potrebbero scattare anche altri sentimenti. Visto che dare spazio a uno di noi è come dire uno su mille ce la fa. E se fosse questo il messaggio che arriva, allora l’operazione sarebbe fallimentare. Non porterebbe cioè alla voglia di formare una società di condivisioni, ma farebbe scattare ancora una volta la malefica competizione. Dove lo mettiamo il gioco delle parti? Tu sali in scena e io ti applaudo. La persona ha bisogno del pubblico. E viceversa, il pubblico ha bisogno di sognare attraverso una sola persona. Questo meccanismo di compensazione non si è scardinato. Lo si vede per le strade, quando ci si accalca per fare un selfie con qualcuno di famoso. E non accade lo stesso, se incontriamo persone comuni. Come mai non ci piace il selfie con l’uomo comune? Cambia la forma, ma i protagonisti alla fine sono sempre gli stessi. Amiamo inchinarci di fronte a chi è famoso.
Le intenzioni di mettere in scena l’uomo della strada sono anche buone, intendiamoci. La possibilità di rendere partecipi gli spettatori, collocandoli in un Sanremo così esclusivo è un’operazione di regia volta a ottenere il coinvolgimento emozionale, in un disegno sociale più ampio, che vorrebbe livellare sullo stesso piano (quello di sotto?) le persone. Non è nuova, questa tendenza. La tivvù si sta avvicinando al linguaggio dei social, aiutata dalla pandemia in corso, che impone l’utilizzo massiccio dei collegamenti a distanza. Così, al posto di avere pochi ospiti in studio, per esempio, ci si può concedere una rosa più ampia di interventi, visto che, ognuno da casa sua costa di meno, non contagia nessuno e se non è coinvolgente, si spegne con un clic.
Anche altri marciano su studi vuoti e ospiti a distanza. Un esperimento del genere lo sta facendo per esempio, Geppi Cucciari in Che Succ3de? il nuovo programma su Rai3. In questo modo si perde la centralità del salotto, si apre un mondo di monologhi e il microfono a più persone, spettatori e allo stesso tempo protagonisti, che devono esprimersi si, ma sempre più veloci. Il salotto-pensiero perde centralità, ma non il personaggio che conduce i giochi. Si parla tutti, ma ognuno molto meno. Nulla a che fare, con il potere di incidere sulle masse seducendole con la magia del personaggio…
Siamo solo in pieno svolgimento del tema elaborato sessant’anni fa nella Factory di Andy Warhol: “Ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità”. Tutti vogliono diventare famosi. Possono bastare 15 minuti. Poi, aggiungiamo noi, tocca scendere da cavallo: altrimenti non è vero, che sul set c’è spazio per il protagonismo di tutti! A meno che il set non diventi la piazza e a scendere da cavallo non siano i più originali.
(nella foto, le anonime Signore).