Incertezze e dubbi crescono, ma il Festival é avviato al mese di marzo, troppo vicino.
C’é da chiedersi perché non intervenga il Governo per dare una sua interpretazione.
di Illy Masper
SANREMO. Piú volte abbiamo sottolineato che il Festival si sarebbe potuto organizzare a maggio (ed era stata tra l´altro un’indicazione romana) e non soltanto per essere in linea con la situazione sanitaria, quasi certamente migliorata a quel periodo, ma il mese delle rose avrebbe anche messo tutti d’accordo in questa pur sempre sofferente cittá dei fiori e della musica: commercianti, albergatori, artigiani e amministrazione compresa. E le cosiddette iniziative collaterali, tanto care a Rai Pubblicitá, avrebbero avuto il loro naturale sfogo, sviluppando anche molta piú economia indispensabile alla sopravvivenza del momento. Un suggerimento: invece di tanto mugugnare e basta, commercianti e albergatori, perché non avviano una prova di forza muscolare?
Ma tutto questo evidentemente alla Rai poco interessa perché il suo obiettivo é mirare ad una cifra di sponsorizzazioni, di probabili 10 milioni di Euro in piú, rispetto ai 38/40 dell’anno scorso. Mirabile obiettivo del CDA che, per motivi di puro bilancio aziendale, non tiene conto tuttavia della situazione sanitaria ancora decisamente molto precaria. E´vero che sono in corso d’opera a Sanremo misure straordinarie per evitare al massimo i contagi, ma é altrettanto vero che lo stesso Prefetto e il Questore hanno deciso: niente pubblico e niente feste di piazza. Ci sará una ragione?
Una decisione poi, quella di continuare sulla data dal due al sei marzo prossimo, pare fortemente voluta soprattutto dall´AD della Rai, Fabrizio Salini (nella foto, in procinto di cambiare azienda) forse perché vorrebbe lasciare la Rai in condizioni economiche decisamente piú salde mirando, in questo modo, magari ad altri incarichi ancora piú prestigiosi. Tutte ipotesi o indiscrezioni, sempre e comunque di stampo romano, che comunque convalidano la tesi secondo cui il Festival della Canzone di Sanremo é un grande affare nazional-popolare per il quale lo auspichiamo possa intervenire anche questo traballante Governo con l’accortezza di dare una doverosa, a questo punto, interpretazione suggerendo all’Ente Pubblico televisivo uno slittamento: l’Italia sarebbe tutta con l’Azienda, per una volta, senza dimenticare mai che il Paese paga il Canone.