IL VIRUS GIRA IL MONDO. GLI ALBERGHI NON HANNO PIU’ PRENOTAZIONI. INTERNET CI FA VIAGGIARE IN CODA. COSI’ IL 2020 CI PRIVA DI OGNI CERTEZZA
Qualcuno denuncia un tardivo isolamento della popolazione. Qualcun altro, strizzando l’occhio a Confindustria, ha fatto di tutto per non far chiudere la parte produttiva del Paese. Messi al bando i luoghi di assembramento, fucine per contagio di massa. Non si suona nemmeno più dal balcone. Paese fermo.
di Tiziana Pavone
Il Paese è fermo, il grido d’allarme è soffocato. Non si suona nemmeno più dal balcone. Chiusi i grandi eventi, i saloni annuali che annunciano le novità di settore; messi in pausa tutti i siti di interesse culturale e artistico (dai musei ai cinema). Al bando, tutti quei luoghi di assembramento, fucine per contagio di massa. In Giappone sono state rinviate, con gravi perdite economiche, le Olimpiadi. Qualcuno denuncia un tardivo isolamento della popolazione. Qualcun altro, strizzando l’occhio a Confindustria, ha fatto di tutto per non far chiudere la parte produttiva del Paese. Tutti insieme, parlando politichese, cercano colpe da far ricadere su qualcuno. Al culmine dell’emergenza si comincia ad ammettere che questa emergenza non finirà presto, che sarà lunga. La Russia lo ha annunciato persino pubblicamente: lo abbiamo appreso oggi dai telegiornali di casa nostra. La situazione drammatica non ha risparmiato nemmeno i piccoli centri, i paesi. Mentre a Sanremo l’Ospedale civile è ormai dedicato interamente al coronavirus, chi soffre in casa è parte di quel settore che da noi non ha mai avuto timore di fare la voce grossa: il turismo.
In Riviera, tolti i lavori dei dipendenti statali, si vive di edilizia e di servizi al turismo, perlopiù commercio. Il popolo delle partite IVA, quello preso di mira quando si parla di evasioni, pare proprio essere quello che oggi accusa il colpo di grazia. Accade se i risparmi non sono così tanti e le liquidità finiscono. Senza entrate, e con le spese di sempre, si comincia a sbandare. Benché il governo abbia annunciato l’aiuto economico (con o senza Europa), la tensione è alta anche nel Ponente ligure. Ce ne eravamo accorti subito dopo il Festival. Quando il Comune di Sanremo, sentiti gli imprenditori del settore, aveva annunciato l’annullamento della imminente battaglia dei fiori.
In un clima di isolamento generale, in tanti si chiedono adesso come affrontare il problema economico. Non è un problema circoscritto a un solo settore. Esattamente come non è un problema per soli “vecchi”, questo nuovo virus pandemico che credevamo non colpisse i giovani. Se il settore commerciale della città non lavora, poi non paga le tasse. Il Comune che non ha entrate, a sua volta, non garantisce i servizi di sua competenza. Scopriamo un’Italia senza tesoretti, città fragili che credevamo giganti inabissabili. Tutta la società è chiamata in causa e insieme bisogna risolvere i problemi. Con una grande volontà. Senza sbandierare colori politici, adesso così fuori luogo.
Siamo arrivati all’essenza del problema. E lo abbiamo fatto grazie a un virus. Abbiamo scoperto tante cose. Per esempio, che la parola prevenzione è solo un’idea. Come la parola lungimiranza. Che la parola umanità aveva perso fascino. Abbiamo riscoperto cosa sono i beni di lusso e i beni di prima necessità. Abbiamo capito l’importanza della tecnologia, e quanto il Paese sia indietro. A cominciare dalla rete incredibilmente lenta, in proporzione ai ripetitori sui tetti dei palazzi, troppi. E alla tempistica: abbiamo passato un ventennio inutile, così privo di innovazione! Se nei primi anni del 2000 la fibra ottica tappezzava Milano, venti anni non sono bastati per farla arrivare al mare, dove ci sono ancora i fili di rame. Nel 2020 godiamo di cabina di quartiere, quel posto dove si ferma la fibra che non arriva ai portoni. La cosa sembra irrilevante, ma proviamo a farci qualche domanda. Una sulla salute. Una su servizi, contratti e prezzi, che in Italia restano carenti gli uni e cari i secondi. Mentre si coprirà ogni vallata col 5G, noi viaggiamo appesi a un filo, pur potendo cablare tutto sotto terra senza farci male…
Abbiamo capito di essere stati complici silenti di una malevola gestione trentennale della cosa pubblica. Che certi servizi nazionali sono importanti e non andavano svenduti. Che ci ritroviamo a fare volontariato per imprese private (associazioni che devono fare utili, considerate alla stessa stregua delle Srl). Se avevamo ricchezza da vantare ma oggi siamo impoveriti, e lo siamo fin dentro alle risorse umane (vedi carenza di medici e Università a numero chiuso), vuol dire che siamo diventati fragili. La capacità di sopravvivenza vacilla, non appena entra in gioco una variabile: la variabile virus. Perché se un virus vola, il turismo si ferma. I negozi chiudono. I gestori hanno una famiglia… Parola d’ordine: uscire dalla malasanità. Abbiamo imparato che di fronte alla morte siamo tutti uguali.
Siamo una città ricca? Rispetto ad altre, si. Ma probabilmente non è stato un merito nostro. E nemmeno dell’immacolata via pedonale in cui si pavoneggiano i dehors del centro. Il merito è del mare! Adesso meno che mai potremo sperare nel restyling della Riviera. Chi investirebbe nel turismo di genere, se da decenni si campa bene su un turismo di passaggio? Ma di certo potremo sperare in un cambio di mentalità: quello non ci costa. Adesso siamo giustificati: cominciamo a interrogarci sugli sprechi e sulle mancate opportunità? E’ per il nostro grado di consapevolezza, che dobbiamo farlo. Per non sperperare soldi dove non serve. Ricordo di un tappeto di erba artificiale proprio nella città dei fiori, per la modica cifra di 160.000 euri, una spesa che nessuno aveva capito.
Adesso chiediamo solidarietà per tutti, ma con la zavorra di un giudizio universale che non salva nessuno. Sembra strano, oggi, dover chiedere solidarietà persino per chi, tristissimo dirlo perché è la conferma del fallimento di questa società, col lavoretto in nero ci campava. Solidarietà e pietà, per le persone che, quando vivono alla giornata fuori dal sistema produttivo delle classi borghesi, presumibilmente cominciano a saccheggiare gli scaffali dei supermercati, creando caos sociale. Dobbiamo essere umani come eravamo un tempo. E capire che nulla giustifica l’abuso di potere, messo all’ opera da uomini perfidi per speculare contro vite umane. Vedi la saga delle mascherine.
E’ ora di aiutare anche quelli che non hanno mai creduto importante investire nel POS, e adesso non sanno come farsi pagare la spesa a domicilio. Cose pratiche per stare vicini senza poterci sfiorare. Ci sono imprenditori che chiedono aiuto e altri che cominciano ad aumentare stipendi e a donare. In troppi condannano governi ma mai il sistema di collusione in cui hanno sempre galleggiato. Ci sono anche quelli dalla voce amplificata, che rappresentano intere categorie di settore. Adesso non possono permettersi gesti solidali; ma le proposte, quelle si. E vanno ascoltati: hanno dipendenti da mantenere. Dai microfoni confermano un malessere del tutto inedito, per la nostra ricca Riviera. Oggi il Presidente della Federalberghi Silvio Di Michele, conferma pubblicamente lo stato di collasso degli alberghi, che sono vuoti dalla fine di febbraio e certamente fino a maggio compreso. Per i mesi estivi non ci sono prenotazioni. Siamo in uno stato di calma apparente, per dirla in canzoni sanremesi. Probabilmente resterà così, fino a quando resterà alto il livello di incertezza sull’espansione di questo virus. Non è argomento da poco. Il turismo è quel settore che sposta le masse. Pertanto, prima della ripresa del normale corso di eventi, bisogna esser certi di aver debellato il virus e di aver evitato con l’importazione dall’estero, minacce di ricaduta. Per questo motivo la sanificazione va affrontata in concerto con tutti gli altri Paesi del mondo. Le previsioni sul rilancio del turismo non sono rosee: si può ripartire quando anche gli altri Paesi saranno pronti a ripartire.
Il virus ha messo tutti sotto lo stesso cielo. Capiamo così che ogni settore è vitale per l’altro. E che ci sono mestieri più vitali di altri. Mestieri sociali che ci garantiscono la sopravvivenza. Non possiamo stancarci di dirlo. Grazie a tutto il personale sanitario, alle forze dell’ordine, agli operatori ecologici. Alle cassiere. A chi sta lavorando per noi, rischiando di perdere la propria vita. Loro non hanno tempo di chiedere risarcimenti. Piangono. Si arrabbiano perché costretti a esporsi al contagio, non tutelati da mascherine adeguate. Dalle cassiere alle forze dell’ordine, sono tutti nella stessa disperata condizione. Mentre la politica di ogni colore sarà giudicata da come si muoverà in questi mesi. E mai come ora, la gente è attenta e sensibile a ciò che si decide dentro alla stanza dei bottoni. Fuori si muore davvero.